Tra gli anni 1806-1812 la delusione popolare e la rozza brutalità degli occupanti francesi, furono le cause di una ripresa su vasta scala del brigantaggio in tutta la Marsica orientale, nella Piana del Cavaliere e lungo la linea di frontiera che comprendeva i monti Ernici e Simbruini.
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«Il giorno 1° Maggio 1809 un’orda di Assassini penetrò in quel Comune di Oricola, cui i Briganti nel numero di venti, tutti armati chi di fucile, e chi di pistoni [erano chiamati così i fucili a tromba], essendosi gli altri rimasti fuori dall’abitato, alla distanza di circa mezzo quarto di miglio, similmente assalirono la casa del Capitano della Civica Sig.r Mariani, ed ivi violentemente rinvenuti tredici fucili, li portarono via con loro, e quindi passarono nelle case dei due Armigeri, ove tolsero un fucile, e due bajonette da schioppo. In seguito, penetrati nella casa dell’Eletto Sig.r De Vecchis, rubarono allo stesso oro, e moneta, ed usarono ancora delle molte atrocità a due Sacerdoti, che quivi rinvennero. In fine, concludesi, che nessun cittadino servì come fautore, spia, o guida della medesima comitiva, né prese parte alle loro violenze» (2).
Lo stesso giorno, Giuseppe Giustini, proprietario di Pereto, denunciò al giudice di pace, l’entrata nel territorio di un mani polo di quindici briganti armati di tutto punto. La banda, dalla Valle Quartarana, si portò furtivamente, verso l’imbrunire «nella strada chiamata la Rocchetta, quale strada conduce in detto Pereto, in Rocca di Botte, in Oricola, ed indi nel limitrofo Stato romano, senza che però, per lo timore concepito, e per l’aria imbrunita avesse potuto il medesimo scorgere verso quale parte si fossero effettivamente diretti li Briganti».
tratto da Fulvio D’Amore, Il brigantaggio del periodo napoleonico (1806-1812) tra Carsoli, Pereto, Oricola e Rocca di Botte, Lumen, n. 10, dicembre 2004, pag. 4.
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